GEOSITO Mélange di Baiso

I geositi – letteralmente “luoghi della geologia” – costituiscono il fiore all’occhiello del Patrimonio Geologico di un territorio. Si tratta di peculiarità naturali, geologiche o geomorfologiche, che testimoniano i processi che hanno formato e modellato il nostro pianeta e il cui contributo è stato ed è indispensabile alla comprensione della storia geologica di un territorio. Il loro valore non è solo scientifico ma anche paesaggistico, storico, culturale, didattico e ricreativo. I geositi contengono beni non rinnovabili, che una volta perduti lo saranno per sempre; per questo la Regione Emilia-Romagna, con la L.R.9/2006 si occupa della conoscenza, gestione e valorizzazione del patrimonio geologico regionale, promuovendone la conoscenza, la fruizione pubblica e l’utilizzo didattico dei luoghi di interesse geologico, delle grotte e dei paesaggi geologici.

Situato nel comune di Baiso, il geosito, di interesse locale, ha un’estensione di circa 1.36 Kmq, con quote che variano dai 365 m ai quasi 546 m s.l.m.

Suddiviso in due parti, è caratterizzato dalla presenza di bacini calanchivi di natura argillosa, nei quali sono modellate creste e solchi molto pronunciati che creano un paesaggio molto suggestivo ed in rapida evoluzione.

Il Geosito Mèlange di Baiso si presenta come una vasta area calanchiva situata alla testata del rio Giorgella, con un’appendice lungo il versante destro del torrente Tresinaro dove è presente un’area di cava.

In quest’area, modellata in creste e solchi assai pronunciati e con notevole risalto nel paesaggio, affiora un complesso mosaico di formazioni geologiche, a contatto tettonico fra loro: le più antiche unità Liguri (Argille Varicolori di Cassio – AVV e Flysch di Monte Cassio – MCS), e le più recenti unità del contesto Epiligure inferiore (fra cui, dal basso, troviamo: Brecce Argillose di Baiso – BAI, Marne di Monte Piano – MMP e Formazione di Ranzano – RAN). Quest’area, in particolare, presenta la massima estensione delle caratteristiche Brecce Argillose di Baiso, tanto che questi affioramenti rappresentano l’area di riferimento. Si tratta di un mélange sedimentario terziario che rappresenta l’inizio della sedimentazione Epiligure al di sopra delle più antiche Liguridi. Le Brecce Argillose (BAI) si presentano con un colore di insieme grigio-verdastro, dove nella matrice argillosa prevalente si trovano inclusi frammenti lapidei arenacei e calcarei provenienti da formazioni geologiche più antiche (come AVV e MCS). All’interno del geosito, i lembi rossastri testimoniano, invece, le più antiche argille varicolori (AVV) mentre quelli grigio-rosati le più recenti Marne di Monte Piano (MMP).

Questo mosaico di formazioni geologiche differenti dà vita a un paesaggio geologico estremamente variegato, interessante sia per studiosi e appassionati di geologia ma anche per semplici escursionisti che siano attenti osservatori del paesaggio.

Questo mosaico di unità geologiche è poi stato modellato dagli agenti esogeni in forme calanchive, composte da creste aguzze e solchi pronunciati che danno risalto al paesaggio e ne confermano il valore paesaggistico.

La geologia del Geosito Mèlange di Baiso è quindi il risultato di complessi processi di sedimentazione e deformazione tettonica, che hanno portato alla formazione di una affascinante varietà geologica. L’area è un’importante finestra sul passato geologico dell’Appennino, dove i processi naturali di sedimentazione, compressione e fratturazione hanno dato vita a un mosaico di rocce che racconta milioni di anni di storia della Terra.

Le Brecce argillose di Baiso (sigla BAI) rappresentano la più antica delle formazioni che compongono l’insieme delle unità Epiliguri.

Litologicamente si tratta di prevalenti brecce argillose poligeniche a matrice argillosa grigio-scura o varicolorata, recante blocchi mediamente decimetrici di calcilutiti “tipo palombino”, arenarie “tipo Scabiazza” e siltiti manganesifere. Esse si sono depositate a seguito di una serie di colate sottomarine, composte da un misto di fango e detriti (debris-flow) all’interno di bacini marini profondi, in discordanza stratigrafica sulle Unità Liguri tettonizzate (Argille Varicolori – AVV, Arenarie di Scabiazza – SCB, Argille a Palombini – APA), che hanno alimentato le brecce stesse.

A loro volta le BAI costituiscono stratigraficamente la base delle Marne di Monte Piano (MMP). Il contatto superiore con le Marne di Monte Piano è graduale ma rapido, localmente in parziale eteropia. Gli spessori sono estremamente variabili, passando da alcune centinaia a poche decine di metri rispettivamente dalla Val Secchia alla Val d’Enza. In base alla posizione stratigrafica e all’età degli inclusi più recenti, l’età di BAI sembra essere Luteziano-Bartoniano (47-38 Ma).

I calanchi sono forme morfologiche prodotte dall’erosione accelerata delle acque piovane dilavanti che interessano rocce prevalentemente argillose o limo-argillose.

Si presentano come un insieme di ripide creste aguzze e ravvicinate, separate da strette vallecole, dove la velocità di erosione supera quella della pedogenesi (formazione di suolo); in questo modo la vegetazione non ha modo di attecchire ed i paesaggi calanchivi mostrano quasi esclusivamente la nuda roccia argillosa.

Il risultato del processo è un paesaggio particolare, con profondi solchi e creste affilate, che può essere facilmente osservato in molte aree collinari e montane, specialmente in regioni caratterizzate da terreni argillosi e in presenza di condizioni climatiche che favoriscono l’erosione.

La vegetazione gioca un ruolo chiave nei processi erosivi dei calanchi. Le radici stabilizzano il terreno, limitando l’erosione causata da pioggia e vento. Esiste una “soglia di equilibrio”: su forti pendenze, l’erosione è rapida, il suolo non si forma e le piante non attecchiscono. Al contrario, su pendii più dolci la pedogenesi può avviarsi, permettendo l’insediamento della vegetazione, che a sua volta rallenta l’erosione. Tuttavia, il clima può spostare questo equilibrio: variazioni nel regime delle piogge possono favorire o ostacolare la vegetazione, modificando nel tempo l’aspetto del paesaggio calanchivo.

L’interazione tra vegetazione e calanchi è un aspetto fondamentale per comprendere l’equilibrio ecologico, geomorfologico e paesaggistico di queste aree. I calanchi, essendo ambienti erosi e instabili, presentano suoli poco fertili e difficili da colonizzare. Tuttavia, la vegetazione gioca un ruolo cruciale nel limitare o accelerare i processi di erosione che caratterizzano questi paesaggi.

In un primo momento, la vegetazione che riesce a insediarsi sui calanchi è generalmente composta da piante resistenti, come specie erbacee, arbusti e alberi a crescita rapida. Le radici di queste piante aiutano a stabilizzare il terreno, riducendo l’effetto dell’erosione causata dall’acqua piovana e dal vento. Le radici agiscono come una rete naturale che trattiene il suolo, prevenendo la frana e la disgregazione del terreno in piccole particelle. Tuttavia, la vegetazione sui calanchi è spesso limitata dalla scarsità di suolo fertile e dalla forte pendenza del terreno, che rende difficile lo sviluppo di piante più grandi o di un manto vegetale continuo. In alcuni casi, l’erosione continua a superare la capacità di stabilizzazione della vegetazione, e la crescita di nuove piante può essere ostacolata.

Inoltre, quando i calanchi sono privi di vegetazione, l’erosione può accelerare notevolmente, aumentando la profondità dei solchi e la pendenza delle scarpate. D’altro canto, in zone dove la vegetazione è più sviluppata, la stabilizzazione del suolo è più efficace e l’erosione risulta contenuta. In questo modo, la vegetazione e i calanchi sono legati da un equilibrio dinamico, dove la vegetazione contribuisce a mitigare i fenomeni erosivi, ma allo stesso tempo i calanchi, con la loro instabilità, limitano la crescita vegetale.

Il territorio di Baiso è caratterizzato da boschi e boscaglie tipiche dell’Appennino emiliano con querce, frassino, noce, ontano, carpino, acero montano, sambuco e arbusti come biancospino, sanguinello, ginestra, fusaggine, ligustro e rovi.

La ginestra (Spartium junceum) è un cespuglio molto evidente durante la fioritura, quando si ricopre di numerosi fiori gialli. Questa pianta si trova soprattutto nelle zone inferiori dei querceti e risulta essere più abbondante nella parte meridionale dell’Emilia Romagna. La ginestra è una specie tipicamente mediterranea, che predilige il caldo e si mostra particolarmente resistente alla siccità. Il suo adattamento alla carenza d’acqua si esprime, tra l’altro, con la perdita quasi totale delle foglie durante i periodi estivi, in modo da ridurre al minimo il consumo di risorse idriche. La ginestra forma delle steppe arbustive, che risultano essere più xerofile rispetto a quelle dominate da ginepro e citiso. Questi gruppi vegetali si trovano principalmente sui versanti caldi delle colline, spesso al margine o nelle radure dei boschi di roverella, dove possono svolgere una funzione protettiva e preparatoria per la crescita dei querceti.

La ginestra, con i suoi fiori dorati che brillano nei paesaggi aridi, non è solo una semplice pianta, ma un elemento della flora che, per le sue caratteristiche e la sua diffusione in vari ecosistemi, si è contraddistinta di una molteplicità di significati e interpretazioni che hanno suscitato l’interesse e la curiosità dell’umanità sin dai tempi antichi. I greci, ad esempio, apprezzavano di questa pianta la particolare resistenzaall’acqua tanto da utilizzarla per fabbricare corde da navigazione o, più avanti, i romani ne usufruirono per la realizzazione di cesti e altri oggetti di arredo, grazie all’elevato grado di assorbimento del filato che si ricavava dal suo arbusto.

Da un punto di vista simbolico, secondo la mitologia greca, la ginestra, con la sua fioritura colorata e vivace con cui anticipa la primavera, era spesso associata alla dea Afrodite, rappresentando la bellezza, la fertilità e l’armonia con l’ambiente. Non solo, la ginestra era anche sacra ad Apollo e simboleggiava la conoscenza proprio per la sua capacità di crescere e svilupparsi in ambienti aridi e impervi: una luce solare vegetale, canto gioioso laddove tutto è buio.

Nel Medioevo, la ginestra divenne una pianta a scopo protettivo, usata per allontanare il malocchio e le malattie e, proprio per questo, spesso associata alla stregoneria, tanto da essere bruciata nei roghi preparati per l’uccisione delle streghe. 

Di notevole importanza è anche l’analogia esistente, in letteratura, tra la ginestra e la resilienza psicologica. Giacomo Leopardi, nell’omonima lirica, descrive la capacità della pianta di fiorire, nonostante le avversità, in ambienti aridi e ostili: testimone vegetale di una città scomparsa sotto la lava.

La ginestra non è solo un elemento del paesaggio, ma un vero e proprio simbolo della possibilità di adattarsi che richiama, analogamente, le capacità dell’essere umano di riuscire a fronteggiare efficacemente le contrarietà ricreando nuove omeostasi interne, di dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino di raggiungere mete importanti grazie alla funzione psichica della resilienza.

Dalla mitologia alle tradizioni popolari e alla letteratura classica, si deduce, quindi, come la ginestra sia stata spesso associata a valori culturali e simbolici che riflettono le strette relazioni esistenti tra l’uomo e il mondo.

Gli scienziati moderni concepiscono l’uomo nel suo essere unità complessa e articolata, formata dalle dimensioni psichica, somatica, relazionale e sociale, nonché dalla sua storia che non è solo personale e familiare, ma anche ontogenetica e filogenetica. Tale visione si ritrova anche nel Taoismo metafisico dove l’uomo è un microcosmo che, analogamente, ripete nella propria totalità le leggi del macrocosmo-universo. Ossia, l’ordine che è presente nell’universo sarà presente anche nell’uomo e l’armonia che ne regge le sue leggi immutabili si esprimerà nell’uomo come sintesi. Per capire meglio quale principio ordinatore del mondo vegetale ritroviamo anche nel corpo umano è necessario far riferimento alla medicina cinese secondo cui il corpo degli esseri umani può essere diviso in tre piani.

Il primo è il piano “cielo” corrispondente al sistema neuro-sensoriale e alla testa, rotonda come la volta celeste; poi si ha il piano “uomo” sito tra il piano diaframmatico e la gola e caratterizzato da visceri con funzioni più elevate e ritmiche come il respiro e la circolazione. Infine troviamo il piano sottodiaframmatico, del ricambio e delle membra che contiene i visceri, attribuiti all’elemento terra. Analogamente anche le piante, inclusa la ginestra, presentano una struttura tripartita: il polo della forma situato in basso (sistema radicale), il polo dei processi dissociativi, in alto, rappresentato dal sistema floreale e il sistema ritmico centrale fogliare che costituisce il punto mediatore.

La struttura del corpo umano risulta quindi essere capovolta rispetto a quella del sistema vegetale, ma in perfetta analogia. Non solo, la ginestra è connessa al corpo umano anche per i suoi elementi compositivi: la sparteina (alcaloide non ossigenato della pianta) viene sfruttata da tempo per la sua azione cardiotonica e per la regolazione del ritmo cardiaco.

Infatti, analizzate le radici della ginestra con i vasi sanguigni dell’apparato cardiocircolatorio, è possibile riscontrare una profonda analogia simbolica tra i due sistemi complessi. Possiamo quindi concludere che, in un’ottica ecobiopsicologica, uomo e ginestra sono tra loro profondamente connessi secondo le leggi della natura.



Testi e grafiche: 
Matteo Benevelli e Debora Lervini
, Naturalisti CEAS Terre Reggiane – Tresinaro Secchia
Giulia Merli – Psicoterapeuta ad orientamento ecobiopsicologico


Bibliografia:

  • Appennino Tosco-Emiliano – 12 itinerari“, a cura della Società Geologica Italiana, Guide Geologiche Regionali, BE-MA editrice;
  • Scheda “Mélange di Baiso“, I Geositi dell’Emilia Romagna – https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/ ;
  • Flora e vegetazione dell’Emilia Romagna“, Regione Emilia Romagna;
  • Visualizzatore cartografico – https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/mokaApp/apps/geo/index.html ;
  • Carta geologica d’Italia, foglio 218, Castelnovo né Monti – https://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/218_CASTELNOVO_NE_MONTI/Foglio.html ;
  • Flora e vegetazione dell’Emilia Romagna“, Regione Emilia Romagna;
  • Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante“, Cattabiani A., Mondadori Libri Spa.;
  • Il segreto della resistenza psichica. Che cosa ci rende forti contro le piccole e grandi crisi della vita“, Berndt C., Feltrinelli Editore;
  • Fondamenti di psicoterapia ecobiopsicologica“, Frigoli D., Armando;
  • La fisica dell’anima“, Frigoli D., Persiani Editore.

Progetto finanziato con il contributo della Legge Regionale 9/2006

Norme per la conservazione e valorizzazione della geodiversità della Regione Emilia-Romagna e delle attività ad essa collegate
Anno 2025

Link al sito dei Geositi della Regione Emilia-Romagna:
https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/ geositi/